Milano odia: la polizia non può sparare: differenze tra le versioni

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Il messaggio del film è considerato molto ambiguo o addirittura [[nichilismo|nichilista]], poiché sembra voler affermare che a violenza risponde necessariamente altra violenza. Allo stesso tempo nella scena finale del film la violenza sembra avere una valenza catartica, dove il pubblico trova una soluzione all'efferatezza della vicenda.<ref name="dossierNOCTURNO"/>
 
Il film, inoltre, offre un disincantato ritratto dell'[[Italia]] degli [[anni 1970|anni settanta]], lacerata da scontri di classe e pervasa da un clima di insicurezza e disordine. La figura del commissario Grandi, che, seguendo l'esempio di [[Clint Eastwood]] in ''[[Ispettore Callaghan: il caso Scorpio è tuo!]]'',<ref name="libroILMEREGHETTI">{{cita libro|Paolo | Mereghetti|Dizionario dei film 2006|2005|Edizioni Baldini Castoldi Dalai|Milano|isbn=88-8490-778-0}}.</ref> decide di fare giustizia fuori dalla legalità, pone l'accento sulla difficoltà che la polizia aveva in quegli anni nel fermare l'ondata di violenza, secondo una parte dell'opinione pubblica a causa di leggi troppo permissive e garantiste. Rimane celebre la frase pronunciata da Sacchi a tale proposito: "Ci vogliono prove grandi come il [[grattacielo Pirelli|grattacielo della Pirelli]] per mandare uno all'ergastolo". Anche su questo punto però il film è ambiguo, in quanto la figura del commissario, interpretato da Silva, non emerge chiaramente come quella dell'eroe, anche a causa dell'incisività con cui è rappresentato l'"antieroe" Sacchi.<ref name="libroILMEREGHETTI"/>
 
===Incassi===