Conferenza di Monaco: differenze tra le versioni

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Versione delle 21:48, 13 mar 2019

Accordo di Monaco
I firmatari dell'accordo: da sinistra, Chamberlain, Daladier, Hitler e Mussolini; a destra, Ciano. Sullo sfondo si nota Joachim von Ribbentrop, il ministro degli affari esteri tedesco.
Tipotrattato plurilaterale
Firma30 settembre 1938
LuogoFührerbau, Monaco di Baviera, Germania
PartiGermania nazista
Francia
Regno Unito e Regno d'Italia
FirmatariBandiera della Germania Adolf Hitler
Bandiera del Regno Unito Neville Chamberlain
Bandiera della Francia Édouard Daladier
Bandiera dell'Italia Benito Mussolini
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La conferenza e accordo di Monaco indica un incontro internazionale che si tenne dal 29 al 30 settembre 1938, fra i capi di governo di Regno Unito, Francia, Germania e Italia.

L'oggetto della conferenza, avvenuta circa un anno prima dello scoppio della seconda guerra mondiale, fu la discussione delle rivendicazioni tedesche sulla porzione di territorio cecoslovacco abitato dai Sudeti (popolazione di etnia tedesca) e si concluse con un accordo che portò all'annessione di vasti territori della Cecoslovacchia da parte dello stato tedesco. Poiché i rappresentanti cecoslovacchi non vennero fatti partecipare alle trattative, il trattato venne da essi etichettato come "diktat di Monaco".

Antefatto: la crisi dei Sudeti

Boemia e Moravia: In bianco, i territori a maggioranza ceca; in nero, quelli che all'epoca erano in maggioranza di lingua tedesca

La Cecoslovacchia, formatasi dopo la dissoluzione dell'Impero austro-ungarico con il Trattato di Saint-Germain-en-Laye, era uno stato multietnico costruito intorno ad una regione abitata prevalentemente da Cechi e da Slovacchi. La regione al confine con Austria e Germania era abitata dai cosiddetti Tedeschi dei Sudeti. Essendo situata al confine, era una zona di una certa importanza per la difesa della Cecoslovacchia, poiché la maggior parte delle fortificazioni difensive cecoslovacche erano concentrate in questa regione.

Comunque, altre minoranze linguistiche (di lingua ungherese, polacca e rutena) si trovavano sparse lungo i confini di tutto lo stato cecoslovacco. Nessuna di esse gradiva l'atteggiamento dell'elemento ceco, nemmeno gli slovacchi, i più vicini ai cechi per lingua e cultura: questo rendeva fragile lo stato. Nel marzo del 1938 il Terzo Reich si era impossessato dell'Austria con quello che fu chiamato Anschluss.

A questo punto, era largamente previsto che la prossima richiesta di Hitler sarebbe stata la regione dei Sudeti, con la sua popolazione germanofona di 3 250 000 abitanti, anche perché esisteva in Cecoslovacchia un partito nazista sudeto guidato da Konrad Henlein[1]. Oltre a voler unire al Reich i territori di lingua tedesca, il Führer intendeva già allora perseguire una politica di espansione territoriale verso i territori slavi (Lebensraum im Osten), se possibile evitando il più a lungo possibile uno scontro armato con le potenze nemiche.

Dopo l'ingrandimento della Germania con l'annessione dell'Austria, il territorio cecoslovacco si trovava in una nuova posizione strategica: questo lembo di terra lungo e stretto veniva improvvisamente a configurarsi come la punta di una freccia che penetrava fin quasi al centro geometrico della grande Germania. Questa nuova situazione geografica faceva sì che lo stato slavo venisse considerato come una potenziale portaerei straniera al servizio agli stati nemici dei tedeschi, come Francia e Regno Unito, paesi legati diplomaticamente e militarmente allo stato slavo. Dalla Boemia e dalla Moravia, era infatti possibile raggiungere facilmente in aereo centri di vitale importanza come Berlino o Vienna: di qui l'urgenza, da parte di Hitler, di occupare questo stato prima di altri.

Nel mese di maggio trapelò la notizia, poi smentita, di un probabile attacco tedesco alla Cecoslovacchia (Fall Grün): di conseguenza, Francia, Unione Sovietica e Regno Unito minacciarono di rispondere all'attacco. Il Regno Unito, in cui governava Charmberlain, sostenitore dell'appeasement, non arrivò mai a sostenere un intervento militare e comunicò questa sua posizione con nota segreta al governo francese di Daladier, ma intraprese una corposa azione diplomatica con Hitler, con più incontri che si svolsero a Berchtesgaden[2]. L'URSS non avrebbe partecipato senza la garanzia da parte polacca e rumena di lasciar passare le proprie truppe (la Cecoslovacchia non era uno stato confinante) così la Francia rimase la sola ad aver concordato un patto di solidarietà con i cecoslovacchi in virtù del quale sarebbe dovuta intervenire in caso di attacco tedesco senza provocazione. Né la Piccola Intesa poteva essere interrogata a tutela dei territori cecoslovacchi, dato che il patto si riferiva essenzialmente contro l'Ungheria.

Monaco, 28 settembre 1938: Mussolini e Hitler in automobile, in parata il giorno prima della conferenza di Monaco

In un contesto di crescente tensione militare, il 15 settembre Hitler aveva presentato le sue proposte al governo di Praga, da questo rifiutate perché considerate un ultimatum. Nonostante la loro alleanza con la Cecoslovacchia, né la Francia né l'Unione Sovietica costituivano una garanzia del tutto affidabile per la sicurezza cecoslovacca, dato che erano impreparate militarmente e politicamente alla guerra. Inoltre una spedizione francese non sarebbe apparsa opportuna in prossimità delle elezioni generali, né la leadership di Edouard Daladier era così salda.

Per quanto riguarda l'Unione Sovietica, non confinando con la Cecoslovacchia, non le sarebbe stato possibile intervenire senza l'assenso di Polonia o Romania, negato dalla prima per i cattivi rapporti che aveva maturato con la Repubblica Cecoslovacca - impegnandosi però a non tentare di ottenere territori appartenenti alla giovane Repubblica (lo svolgersi degli eventi dimostrerà però il contrario) - e dalla seconda per i timori che conservava sulle pretese sovietiche sulla Bessarabia, anche se finì comunque per concedere lo spazio aereo per il passaggio delle truppe, in quanto l'aviazione rumena non era ancora abbastanza efficace.

Nessuna delle potenze dell'Europa occidentale si sentiva preparata alla guerra a causa di una sovrastima della forza militare tedesca; anche Hitler, d'altra parte, sopravvalutava le capacità belliche della Germania e a lungo termine voleva a tutti i costi una guerra di espansione verso l'est che era certo di poter vincere. D'altro canto, quando i generali della Wehrmacht poterono visionare le difese allestite dall'esercito cecoslovacco, si resero conto che la conquista militare dei territori dei Sudeti non sarebbe stata affatto facile.[3]

La conferenza

Hitler fu tuttavia obbligato ad aspettare e perdere l'effetto sorpresa della guerra lampo. Dopo giorni di frenetiche trattative, fu costretto ad accettare di discutere del problema nel corso di una conferenza che si sarebbe tenuta a Monaco di Baviera, e a cui, oltre al Führer e al premier britannico Chamberlain avrebbero partecipato il Primo Ministro francese Daladier e Mussolini. Il Duce era riuscito a convincere gli interlocutori internazionali a un incontro con francesi, inglesi e tedeschi, senza il coinvolgimento dello stato cecoslovacco (poco stimato tanto dai nazisti quanto dai fascisti). Hitler, in principio contrariato, in quanto il piano di una guerra lampo si basava sulla sorpresa, dovette cambiare idea anche per la pressione cui lo sottoponevano Mussolini e Göring. Questa aspettativa permise il riarmo inglese in forma decisiva.

Immagine durante i negoziati: Göring, Hitler, Mussolini.

Prima della conferenza, Chamberlain e Daladier, primi ministri di Regno Unito e Francia, non coordinarono i loro sforzi diplomatici e arrivarono piuttosto impreparati alla seduta. Vale invece il contrario per gli altri due partecipanti: Hitler era andato a ricevere Mussolini a Kufstein e lo aveva istruito esattamente su ciò che credeva opportuno proporre. Infatti, mentre il Führer aveva perso fiducia da parte degli alleati franco-inglesi, il Duce godeva di un certo credito agli occhi delle democrazie occidentali e poteva quindi fungere da mediatore (la sua posizione era a Monaco di spicco: tra i tre capi di Stato esteri Mussolini fu il solo a presentarsi a Monaco in compagnia del suo ministro degli affari esteri, Galeazzo Ciano). La proposta da lui avanzata era in effetti una proposta tedesca, presumibilmente progettata da Göring.

L'accordo di Monaco

Il 30 settembre fu firmato l'accordo. Congiuntamente ad esso furono siglati un "annesso", una "dichiarazione", una "dichiarazione supplementare" e la "composizione di una Commissione Internazionale", aventi lo scopo di definire l'esecuzione.

Come proposto dal dittatore italiano, l'accordo sanciva il passaggio del territorio dei Sudeti alla Germania, a partire dal 10 ottobre successivo. Questa cessione doveva costare alla Cecoslovacchia la perdita di una superficie di oltre 25.000 km², in una regione ricca di risorse minerarie e di vitale importanza militare, in quanto unico baluardo naturale nei confronti di un'eventuale invasione tedesca. La soluzione era incredibile, dato che l'intera infrastruttura tecnica dello stato (strade, rete elettrica, ferrovie, ecc.), percorreva trasversalmente tutto il paese ignorando completamente qualsiasi barriera linguistica: i Sudeti e i Cechi avevano passato interi secoli sotto lo stesso tetto, senza che tra loro si fossero sovrapposte frontiere politiche.

Trionfale ritorno in Gran Bretagna di Chamberlain, che sventola in pubblico una copia del trattato

Il 30 settembre Hitler e Chamberlain firmarono un ulteriore accordo, impegnandosi a risolvere le dispute future fra Germania e Regno Unito tramite mezzi pacifici. Tuttavia, questo accordo tra Berlino e Londra venne stipulato il giorno successivo alla partenza di Mussolini, considerato ormai un peso dalle democrazie occidentali perché era diventato il semplice portavoce dei nazisti: ciò non fece che favorire il rafforzamento dei rapporti tra Italia e Germania, che avrebbe poi portato al Patto d'Acciaio del maggio 1939.

L'opinione pubblica

Chamberlain e Daladier si felicitarono per un accordo che sembrava scongiurare la guerra in Europa; Mussolini riuscì nell'intento di ritardare un conflitto che avrebbe trovato impreparate le forze militari italiane e Hitler s'impegnò a non avanzare ulteriori pretese nei confronti della Cecoslovacchia, cioè di non invadere le regioni di lingua slava. Il capo del governo inglese ritornò in patria e fu accolto trionfalmente come garante della pace: tra le poche voci critiche, si alzò quella di Winston Churchill il quale sostenne, in un discorso polemico tenuto davanti alla Camera dei Comuni il 5 ottobre, che non si stava profilando la fine di un incubo, ma l'inizio. Rivolgendosi a Chamberlain, dichiarò inoltre:[4]

(EN)

«You had to choose between war and dishonour. You chose dishonour and you will have war.»

(IT)

«Dovevate scegliere tra la guerra ed il disonore. Avete scelto il disonore e avrete la guerra.»

Non solo Chamberlain, ma anche Mussolini venne festeggiato con entusiasmo dalla popolazione al momento del rientro in patria.

La fine della Cecoslovacchia

Lo stesso argomento in dettaglio: Occupazione tedesca della Cecoslovacchia.
Smembramento della Cecoslovacchia:
1. Nell'ottobre 1938 vengono annessi i territori sudeti da parte della Germania.
2. Nel novembre 1938, in accordo con il Primo Arbitrato di Vienna, l'Ungheria annette i territori di lingua ungherese.
3. Nel marzo 1939, l'Ungheria annette la Rutenia subcarpatica (autonoma dall'ottobre 1938).
4. Nell'ottobre 1938 la Polonia annette la cittadina di Cieszyn e la Zaolzie, a maggioranza polacca.
5. Nella primavera del 1939, la Germania occupa i territori di lingua ceca, trasformati nel Protettorato di Boemia e Moravia.
6. Il resto della Cecoslovacchia diviene Slovacchia, uno stato satellite della Germania nazista.

Come stabilito, Hitler annesse i territori dei Sudeti nell'ottobre del 1938. Quasi in contemporanea la Polonia costrinse la Cecoslovacchia a cedere Cieszyn (in polacco) (Těšín in ceco) e la Zaolzie, inviando un ultimatum il 30 settembre, accettato dalla Cecoslovacchia il 1º ottobre. L'Ungheria occupò nel novembre 1938 alcuni territori slovacchi e successivamente, nel marzo 1939, la Rutenia subcarpatica.

Alcuni mesi dopo, il 13 marzo 1939, le paure di Churchill sulla futura, ulteriore espansione del Terzo Reich si concretizzarono: le truppe tedesche entrarono a Praga, annettendo il resto della Boemia e della Moravia: questi territori slavi vennero trasformati in un protettorato tedesco. Ad est, venne creato un regime-fantoccio in Slovacchia. Era questa la rottura dell'accordo: quasi tutta la Cecoslovacchia si trovava sotto il controllo di Hitler, anche se nessuna reazione immediata venne da Francia o Regno Unito, di lì a poco sarebbe scoppiata la seconda guerra mondiale.

Conseguenze

L'accordo di Monaco rimane nella memoria collettiva come esempio della nefasta politica di appeasement (in lingua italiana: riappacificazione, accordo, accomodamento), che consentì alla Germania di rinforzarsi territorialmente, militarmente, e di acquisire la sicurezza necessaria per l'implementazione dei propri successivi piani di conquista militare. Occorre considerare tuttavia che la Germania perse l'azione sorpresa di una guerra-lampo e diede mesi di tempo all'Inghilterra per il rinnovamento della RAF e della rete radar che si riveleranno decisivi nella battaglia d'Inghilterra del 1940.

Un grande escluso dalla conferenza fu Stalin (forse perché all'epoca l'URSS non confinava con la Cecoslovacchia). Né i tedeschi né i britannici ritennero necessario invitarlo, il che fu controproducente per questi ultimi: Stalin in seguito rimase assai scettico nei confronti degli alleati democratici, pensando (a torto o meno) che la loro intenzione fosse quella d'indirizzare l'aggressività di Hitler contro l'Unione Sovietica. Il sospetto del leader sovietico avvelenò l'atmosfera politica e pregiudicò il coordinamento tra russi e Alleati impegnati nel confronto politico con la Germania. Stalin non avrebbe più esitato a trattare con Hitler per la spartizione della Polonia tra sovietici e tedeschi. Il Führer, dal suo canto, cominciò a illudersi che dopo le due facili annessioni di Austria e Cecoslovacchia anche l'occupazione della Polonia non avrebbe comportato interventi militari da parte di Francia e Regno Unito.

Come se ciò non bastasse, la conferenza ebbe indirettamente un altro effetto indesiderato: l'atteggiamento tollerante di britannici e francesi incoraggiò enormemente l'aggressività degli stati amici della Germania: mentre l'Ungheria inglobava diversi territori di confine con la Cecoslovacchia (vedi cartina), Mussolini si sentì abbastanza sicuro per procedere a un'occupazione del Regno di Albania. L'aggressione italiana aveva soprattutto lo scopo di controbilanciare l'espansione tedesca in Europa centrale, rispondendo con azioni paragonabili nella penisola balcanica, considerata da Mussolini uno degli obiettivi primari, assieme al Mediterraneo, per la creazione di una futura Grande Italia.

Con la Cecoslovacchia veniva cancellato dalla carta geografica uno dei pochi stati democratici rimasti in Europa, nonché l'unico in Europa centro-orientale. La conferenza pose importanti basi per la fine di una millenaria convivenza, in Boemia e Moravia, tra popolazioni ceche e tedesche. Infatti, dopo il secondo conflitto mondiale, queste ultime sarebbero state espulse dal paese (l'epilogo della vicenda cominciò a profilarsi con l'uccisione del gerarca nazista Reinhard Heydrich, nell'ambito dell'operazione Anthropoid nel 1942 ad opera di partigiani cecoslovacchi).

Note

  1. ^ (EN) Eleanor L. Turk, The History of Germany, Westport, Connecticut, USA: Greenwood Press, 1999, p. 123. ISBN 978-0-313-30274-9
  2. ^ Santi Corvaja e Robert L. Miller, Hitler & Mussolini: The Secret Meetings, New York, New York, USA: Enigma Books, 2008, p. 71. ISBN 978-1-929631-42-1
  3. ^ Albert Speer, Memorie del Terzo Reich, Milano, 1969, pp. 151-152
  4. ^ Finest hour[collegamento interrotto], fourth quarter 1991, n° 73, pag. 18.

Bibliografia

  • Eddi Bauer, Storia controversa della Seconda Guerra Mondiale, Volume I: anno 1939, edizione italiana a cura di Ettore Musco, Istituto Geografico Agostini Editore, Novara.
  • Robert Alexander Clarke Parker (1967), Il XX secolo I Europa 1918-1945, In Storia Universale Feltrinelli, vol. 34, Feltrinelli Editore, Milano, 1977.
  • Winston Churchill, La seconda guerra mondiale. Parte prima: Da guerra a guerra, Milano, Mondadori, 1948.
  • Ennio Di Nolfo, Storia delle Relazioni Internazionali, Bari, Laterza, 2000, ISBN 88-420-6001-1.
  • William L. Shirer, The rise and fall of the third Reich: a history of nazi Germany, London, Simon & Schuster, Inc., 1960, ISBN 0-671-72868-7.

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